Ieri sera nuovo giro al Teatro dell’Elfo, questa volta per vedere l’Avaro di Molière.
Si trattava di uno spettacolo ospite prodotto dal Teatro delle Albe (il sito internet è orrendo… lo so) che racconta il testo con un misto di classico e moderno.
All’inizio ho avuto l’impressione di trovarmi davanti una di quelle regie che devono rendere moderno uno spettacolo inserendo elementi che sembrano ricercati ma poi, a pensarci bene, non servono a nulla. Mi riferisco a movimenti scenici innaturali, attori che ripetono lo stesso gesto in maniera ossessiva e una recitazione a tratti sopra le righe. Già temevo di dover sopportare tutto questo per 2 ore e invece, dopo i primi 15 minuti, questi elementi stridenti sono scomparsi ed è rimasto uno spettacolo piacevole che unisce il divertimento del testo ad una rappresentazione dell’avarizia estremamente pungente.
Sinceramente non ho capito il perché di questo cambio di tendenza. Un altro esempio: all’inizio alcuni attori impersonavano dei macchinisti che entravano in scena per sistemare scenografia e luci. Pian piano questi attori sono diventati dei personaggi e anche quello spunto iniziale è scomparso. Il protagonista Arpagone è il ruolo che ha il maggior cambiamento nel modo in cui viene rappresentato e forse queste modifiche più generali dovevano riflettere le modifiche del personaggio. Arpagone è inizialmente rappresentato come cattivo, pieno di potere, capace di gestire tutto e tutti ma lentamente si trasforma in una macchietta e lo spirito canzonatorio di Molière arriva in superficie. Se questa era l’idea è riuscita solo in parte, oppure non è arrivato agli spettatori il collegamento.
In questa messa in scena era una donna, Ermanna Montanari, ad impersonare il protagonista. Non è che Arpagone fosse una donna, semplicemente il ruolo maschile era dato a lei. Ermanna Montanari è stata bravissima. E’ riuscita perfettamente a rendere la solitudine e il ripiegamento su se stesso del personaggio. Senza attirare risate ovvie con trucchi da avanspettacolo è riuscita a far sorridere e a far provare pietà per un uomo che non riesce a uscire dal mondo che si è creato con le sue stesse mani.
Il regista, Marco Martinelli, ha tenuto per se il ruolo di Anselmo: colui che svela i retroscena e riporta serenità a tutti i personaggi. Come capita a molti registi in ruoli da attore la recitazione non era perfetta e questo ha un po’ spostato l’equilibrio dello spettacolo.
Sempre Marco Martinelli ha fatto una gaffe nei saluti finali. Nel pubblico c’era anche De Capitani e nell’impeto di volerlo ringraziare per aver voluto il suo spettacolo all’Elfo e per la sua presenza in platea ha urlato: “Grazie Enzo!!! Grazie Enzo!!!” Peccato che De Capitani di nome faccia Elio… hehehe
Anche se non ai livelli degli ultimi spettacoli visti, questo Avaro riesce a far riflettere su tutti quei vizi che chiudono gli uomini in un guscio all’interno del quale si continua a girare su se stessi senza trovare una via d’uscita. Alla fine ci si diverte, ma resta un po’ di tristezza per Arpagone o forse per quella parte di noi dove lui, di tanto in tanto, trova casa.