Giulio Cesare

Giulio CesareIeri sera sono andato a vedere un altro spettacolo al Piccolo Teatro: Giulio Cesare di William Shakespeare. Non è un’opera frequentemente messa in scena ma – come molte opere del bardo – incredibilmente attuale, soprattutto in un paese come il nostro. Ecco un riassunto della trama:

È il tema del potere ad appassionare Shakespeare quando scrive Giulio Cesare al volgere del nuovo secolo (1600), la questione del potere e del suo eterno conflitto con l’ideale, la giustizia, la libertà.
In Giulio Cesare Shakespeare intreccia tre livelli: pubblico, privato, sovrannaturale. Ciascuno dei personaggi principali – Cesare, Marcantonio, Bruto e Cassio – vive una dimensione personale che riverbera sulla sua collocazione politica ed è travolto da un elemento imponderabile che ne condiziona il destino. Giulio Cesare si svolge all’interno di uno scenario distrutto e frammentato. La repubblica è allo sbando: priva di valori e di modelli di riferimento, trova in Giulio Cesare il capro espiatorio su cui scaricare tutta la violenza accumulatasi negli anni. In questo mondo disorientato e dominato dall’invidia, due figure si contrappongono: Marcantonio, il nuovo “comunicatore”, ambiguo, seduttivo e demagogo, e Bruto, assassino con Cassio di Cesare, in realtà la sua copia mal riuscita e come lui destinato ad andare incontro a una morte violenta, sacrificale, l’unica soluzione, sembra dire Shakespeare perché Roma trovi pace.

Lo spettacolo è molto federe al testo originale al quale viene affiancata un’ambientazione moderna che unisce elementi da epoche diverse. I due atti in cui è stata divisa questa produzione sono marcati sia dalla vicenda che dalle scelte registiche.

Il primo atto racconta lo stato delle cose, presenta i personaggi, le motivazioni e l’organizzazione della congiura. Questa parte si conclude con l’assassinio di Cesare. Nel secondo atto vediamo le conseguenze di questa azione, la reazione del popolo romano e l’epilogo della vicenda.

Il secondo atto è sicuramente quello più interessante. All’inizio vediamo il famoso scontro oratorio tra Bruto e Marcantonio, durante il quale i due personaggi cercano il favore del popolo.

Bruto parla come se fosse in una conferenza stampa: fogli alla mano, un podio con i microfoni e tutto dall’aspetto molto controllato e protetto. Le sue parole e il suo atteggiamento non convincono e le reazioni della folla sono più negative che positive. Alla fine del discorso scappa via come sopraffatto dall’emozione, perché il suo ruolo tra i congiurati è quello più difficile: è diviso tra l’amore per Cesare e il bene che la sua morte può portare a tutti i romani.

Marcantonio sceglie la televisione per il suo discorso. Non ha fogli in mano, sa tutto a memoria ma cerca di dare l’impressione di andare a braccio. In studio i suoi collaboratori si assicurano che tutto vada come vogliono e non mancano le pause, i momenti scioccanti e i colpi di scena atti a vincere le menti.

Il vincitore del duello è chiaramente Marcantonio e da quel momento Roma cade in una spirale di violenza. Il mescolamento delle epoche porta prima in scena dei black block e poi le due fazioni appaiono vestiti da militari della prima guerra mondiale.

Il finale è terribilmente amaro. In entrambe le fazioni vediamo atti di eroismo ma anche riferimenti a corruzione e alla lotta per interessi personali. Marcantonio e Ottaviano sono i vincitori ma non esitano a perdonare i nemici che possono avere un’utilità politica con l’ultima scena che vede tutti ricordare Cesare in una cerimonia finta dall’emozione rigida e concordata.

Chi ha vinto veramente? A cosa è servita la morte di Cesare? Sembra di vedere i telegiornali italiani dove i politici cadono in disgrazia, qualcuno diventa il capro espiatorio e poi tutti si riciclano perché l’unico punto che unisce tutti è il potere e si accetta tutto pur di averne un po’.

Shakespeare dimostra ancora una volta la sua attualità se in mano ad un regista intelligente e a un cast capace. Spettacolo molto bello che dimostra con i fatti le sue pretese e sfrutta la rilettura moderna con acume abbandonando la boria di alcune produzioni meno valide.

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