Sarà l’arrivo di Luglio e la sensazione che l’estate sia effettivamente arrivata (con la sua dose di caldo tropicale) ma ultimamente io, Cristina e Mattia abbiamo fatto delle gite in ferry. Hong Kong è piena di collegamenti via mare, in alcuni casi molto più comodi e veloci di quelli via terra.
Settimana scorsa siamo andati al villaggio di Mui Wo, sull’isola di Lantau. Cristina aveva trovato un articolo di una rivista che ne parlava come un posto tipico di villeggiatura. Preso il ferry da Central dopo mezz’ora di navigazione ci siamo trovati a… Lido di Jesolo negli anni ’60.
La baia è effettivamente molto bella, ma il villaggio ha perso il fascino locale. Sembrava davvero di essere sull’Adriatico in un periodo di bassa stagione. I resort (alberghetti familiari) hanno tutto il gusto kitch di chi ha imparato il design leggendo qualche vecchio giornale di arredamento dal parrucchiere.
Il mio preferito era uno che mi ricordava la casa dei genitori di Toula nel Mio Grosso Grasso Matrimonio Greco! La terrazza davanti all’ingresso era piena zeppa di statue greche e altre che posso solo definire come brutte copie dei bambini Von Trapp vestiti di tende. Delle fontane ingentilivano il già mesto quadretto.
Passati gli scempi edilizi e la versione asiatica di Baywatch (bagnini poco prestanti ma che se la sentivano non poco) siamo arrivati nella parte della baia più lontana dal centro. Passeggiare è stato piacevole, le colline piene di vegetazione offrono una splendida cornice e il caldo era sopportabile grazie a qualche nuvola passeggera.
Arrivata l’ora di pranzo abbiamo scelto un ristorante cinese a caso da una lista di 8 tutti raggruppati in una struttura davanti al mare. Appena ci siamo seduti è arrivato il diluvio universale! Il nostro tavolo era protetto da una tettoietta ma pioveva talmente tanto che ci siamo dovuti spostare un po’ dal parapetto. Per rendere l’idea della quantità d’acqua che è scesa, non si vedeva niente oltre qualche metro!
Passato lo scroscio è tornato il sereno (tipico di queste parti) e abbiamo cominciato a mangiare. Se il villaggio ha un po’ deluso il cibo era ottimo. Abbiamo ordinato gamberi, granchio e verdure di contorno, tutto delizioso!
Il sabato successivo (ieri) ci siamo spinti ancora più lontani: Macao. Si tratta di una ex colonia portoghese tornata alla Cina alcuni anni fa che ha però mantenuto una certa autonomia. Non tanto quanto Hong Kong, ma ha comunque il suo confine e la sua moneta, la pataca! Negli ultimi anni Macao è diventata la Las Vegas asiatica e ospita i casinò più grandi del mondo. La cosa divertente è che è tutto scritto in cinese e in portoghese, un accostamento stranissimo.
Basta un’ora di aliscafo per raggiungere la nostra meta e dopo il controllo passaporti, muniti cartina abbiamo cercato di capire dove andare. Subito fuori l’attracco una ragazza ha cominciato ad inseguirci parlando a raffica in inglese dicendoci che Macao non ha i mezzi pubblici di Hong Kong e che senza il suo aiuto di saremmo sicuramente persi. La volevamo prendere a testate, non stava zitta un attimo! Siamo fuggiti e dopo un pezzo a piedi siamo saliti su un taxi per raggiungere il Forte di Guia.
La collina su cui si trova il forte è la meta dei corridori della città. Mentre salivamo eravamo circondati da gruppi di persone che facevano jogging nel caldo tropicale. Di tanto in tanto si trovano anche degli attrezzi colorati che sembrano giochi per bambini ma servono per fare stretching. Non ci si crede ma di tanto in tanto è passato anche qualche ragazzotto niente male!
Arrivati in cima è possibile visitare il forte, il faro e una piccola chiesetta. Non sono niente di emozionante ma vale comunque la pena farci un salto veloce. La tappa successiva era un secondo forte non molto lontano. A quel punto però la maledizione della ragazza che ci diceva che ci saremmo persi ci ha colpiti: non siamo riusciti a trovare un taxi libero da nessuna parte. Un po’ sconsolati siamo andati a piedi maledicendo la ragazza porta sfiga!
Dal secondo forte si gode una vista migliore della città: anche se è più basso, non è circondato da alberi. Da lì siamo scesi verso le rovine della chiesa di St. Paul della quale rimane solo la facciata. E’ uno dei simboli della città ed è un luogo curioso proprio perché entri dalla porta principale ma in realtà non stai entrando da nessuna parte.
Dalle rovine inizia una via molto europea piena di negozietti che ti vendono (e ti fanno assaggiare) i biscotti ticipi di Macao. Sono degli ottimi biscottini pieni di burro e mandorle che quando metti in bocca assorbono tutta la saliva cementificando tutto! Poco più avanti la via diventa più commerciale con negozi di vestiti molto meno tipici.
A quel punto abbiamo preso un taxi per andare al ristorante portoghese che Cristina aveva prenotato il giorno prima. Abbiamo provato a spiegare al tassista la destinazione sia con l’indirizzo sul telefono che la mappa. Lui continuava a mettere gli occhiali, toglierli e prendere una lente di ingrandimento per guardare la piantina: eravamo spacciati. Una volta partito stava andando nella direzione giusta, ma dopo una decina di minuti si è fermato davanti ad un ristorante italiano con tanto di Torre di Pisa disegnata convinto che fossimo a destinazione… ma perché? Un altro controllo alla mappa – occhiali, lente di ingrandimento – ci ha portato al ristorante giusto (a pochi passi da quello di prima).
Il ristorante si chiama A Lorcha e appena entri ti senti in Europa. Una veloce scorsa al menu e abbiamo ordinato. In un attimo sono arrivati i piatti: tutti ottimi. Come antipasto abbiamo preso un’insalata di polpo seguita da gamberi un po’ piccanti, baccalà e risotto di polpo. L’insalata era piena di aglio, ma anche il resto non scherzava affatto. Per fortuna ne eravamo intrisi tutti e tre, ma starci vicino era un azzardo.
Ci siamo tenuti un po’ di spazio per un dolce tipico portoghese: la serradura. E’ un trionfo di panna e biscotti meraviglioso! Quando torno a casa lo devo fare!
Belli pieni di cibo abbiamo preso un altro taxi per andare al casinò Venetian. Io e Cristian eravamo già stati a quello di Las Vegas, ma questo è ancora più grande e folle. Volevamo vedere la parte con Venezia ricostruita ma per arrivarci devi passare dai tavoli da gioco. Lo spazio è talmente grande che non ne vedi la fine e ti rendi conto di quanto prenda il gioco d’azzardo in Cina.
In mezzo a tutto questo ci sono delle scale mobili che ti portano al piano dei negozi. Proprio come a Las Vegas è possibile camminare lungo i canali e guardare le gondole (a motore) che girano cariche di turisti. Almeno a Macao i gondolieri non cantano O’ Sole Mio mentre remano! Tutto è molto trash, non è una copia di Venezia, ma una copia di come gli americani vedono Venezia.
Prima di uscire Cristina e Mattia si sono anche regalati il brivido di giocare alle slot machines. Il problema è che hanno troppi bottoni e incroci strani e – ovviamente – hanno perso quei pochi spiccioli che hanno giocato.
Manca ancora molto prima che Macao possa veramente considerarsi alla pari di Las Vegas. Il divertimento di Las Vegas è che i casinò sono tutti lungo una strada che è sempre piena di gente che si sposta da uno all’altro. A Macao dovresti usare il taxi per fare lo stesso e l’atomosfera ne perde tanto.
Stanchi dalla lunga giornata abbiamo preso lo shuttle gratuito per tornato all’imbarco e poi di nuovo a Hong Kong. In un solo giorno il mio passaporto si è riempito di timbri!
Passiamo ora alle cose strane che noto dall’altra parte del mondo.
1) Nel mio appartamento non esiste il numero 4. Non ci sono stanze con quel numero e neanche piani. Cristina mi ha spiegato che la pronuncia del numero 4 somiglia alla pronuncia della parola morte e – superstizioni come sono – lo evitano!
2) Al supermercato e nei negozietti la maggior parte dell’acqua da bere in bottiglia è distillata. Non sa di niente e non reintegra i sali. Se vuoi bere acqua normale, devi prendere quella con aggiunta di minerali. Sono Pazzi Questi Cinesi.
Ultima nota naturalistica: sono andato a vedere il Panda Rosso!!! E’ carinissimo ma deve veramente essere una bestiolina tignosa!
Non ci crederai mai: giusto l’altro giorno, ad una discussione di tesi Triennale di Lingue (tra cui il cinese) dove sono finito dopo un pranzo con una mia amica, s’è appunto discussa la questione del 4!!!! E in più ho scoperto che per loro il simbolo della felicità è… IL PIPISTRELLO! Cioè, per me Batman era più che felicità ma questa poi… :D