Siccome non avevo viaggiato abbastanza nelle ultime settimane eccomi sei giorni a Istanbul! Il titolo del post fa riferimento a tre aspetti: il nome della città in cui mi trovo, il poco tempo che ho a disposizione e il mitico libro di Agatha Christie che inizia proprio in questa città.
Iniziamo dal viaggio per arrivare in Turchia. L’unico volo diretto a disposizione era uno della Turkish Airlines che è un’ottima compagnia aerea e la consiglio a tutti. I sedili sono spaziosi e non hai l’impressione di essere un bagaglio che però pretende di respirare e mangiare. Sul volo c’é addirittura uno steward in tenuta da cuoco che si occupa della cibarie della prima classe!
Atterrato a Istanbul ho fatto la coda per l’immigrazione ed essendo un cittadino europeo non avevo bisogno di visto e mi hanno subito timbrato il passaporto senza alcuna domanda (una bella dirrefenza rispetto agli Stati Uniti!). Recuperato il bagaglio mi sono diretto verso la metropolitana. Su internet avevo letto ogni possibile disavventura con i taxi e comunque mi diverte provare i mezzi di trasporto locali.
Per prima cosa ho preso l’IstanbulKart, una tessera su cui puoi caricare soldi e viaggiare con un credito a scalare. Costa 10 lire turche e poi devi caricarci del credito. Le macchinette per queste operazioni sono due… la prima mi ha dato un resto di 10 lire in monetazze da una lira e la seconda non accettava monete! Così mi sono trovato il portafoglio pieno zeppo di spiccioli pesantissimi.
La metropolitana è quasi completamente in superficie e ha dei treni vecchi ma spaziosi. Ha una serie di linee piuttosto sviluppate alle quali si aggiungono molti tram. Nel giro di 20 minuti ero alla mia fermata e da lì avevo ancora un pezzo a piedi. Il mio hotel si trova in periferia ed effettivamente la città è un po’ abbandonata in questa zona. I marciapiedi sono rotti o inesistenti e le macchine si infilano ovunque. Non ho avuto una sensazione di pericolo ma qualcuno mi guardava stupito: uno straniero che si aggira con un trolley in questa zona?
L’hotel è molto bello ma con un tono trash veramente notevole. Si chiama Titanic Hotel ed è parte di una catena di lusso. Ovunque ci sono quadri che fanno riferimento allo sfortunato transatlantico e c’è addirittura un canale televisivo che trasmette il film 24 ore su 24! La mia stanza è spaziosa con un elemento architetturale piuttosto curioso: la parete tra la doccia e la camera da letto ha una finestra con delle tapparelline. In pratica sembra fatto apposta per uno spettacolino erotico casalingo.
L’hotel è pagato direttamente dal cliente per il quale sono venuto in Turchia. Mi è stato raccontato che può succedere che in segno di rispetto oltre alla stanza venga pagata una prostituta a disposizione per una notte! Panico! Per fortuna non sembrerebbe essere il mio caso, qua non si è presentato nessuno e gli unici omaggi sono i campioncini di shampoo! Ma non si poteva eventualmente fare una permuta? Una prostituta per uno gnoccolone turco che fa la lotta tradizionale locale coperto di olio di oliva? Dico così, tanto per sapere.
Il primo giorno avevo qualche ora libera e con la mia collega inglese siamo andati verso il centro storico. Il taxi ha fatto ogni possibile straderella per evitare il traffico incastrandosi in camioncini, animali e mercati. Sono giunto alla conclusione che non esista il concetto di senso unico, ogni strada è percorribile in ogni direzione che la follia dei guidatori voglia seguire.
Finalmente siamo arrivati alla Moschea Blu e da sola è valsa la pena della folle corsa. Da vicino è realmente imponente con i suoi quattro minareti e le cupole una sopra l’altra. Mentre ci stavamo avvicinando all’ingresso del cortile ci siamo fermati per leggere le indicazioni su come essere vestiti. In quel momento è arrivato un ragazzo turco che con un ottimo inglese ci ha spiegato qualche dettaglio della moschea. Dopo un attimo è passato a domande sui tappeti e quanti ne avessimo in casa. Non si trattava di un rappresentante della Folletto ma di un commerciante in tappeti persiani alla ricerca di qualche cliente. Devo ammettere che è stato molto gentile e quando gli ho detto che non eravamo interessati è andato via senza insistere oltre.
L’interno della moschea è impressionante con tutte le pareti dipinte e i tipici lampadari arabi. Ovviamente si deve entrare senza scarpe e alla mia collega è stato dato un velo da mettere in testa. I molti tursti non permettono di cogliere l’animo religioso del luogo ma la sensazione non è diversa da quando si visitano le nostre chiese piene di giapponesi. Finito il giro ci siamo diretti verso il Topkapi Palace che purtroppo era già chiuso.
A quel punto abbiamo fatto due passi nel parco del palazzo ma il tempo stava cambiando e un vento gelido ci ha preso alla sprovvista. Le folate fredde staccavano una miriade di fiorellini arancioni dagli alberti circostanti tanto che sembrava stessero nevicando fiori colorati! Congelati al punto giusto siamo tornati in albergo.
Dopo l’esperienza negli Emirati Arabi mi diverto a controllare cosa succede se provi a visitare siti gay nei vari paesi dove vado. Sono rimasto un po’ sorpreso che anche qua ci siano dei filtri anche se meno stringenti rispetto a Dubai. Comunque ecco il messaggio che appare… poveri omosessuali turchi!
Dopo due giorni di pioggia è finalmente tornato il sole e dopo una giornata di lavoro io e la mia collega ci siamo dedicati ad esplorare ancora un po’ la città. La nostra meta era la Torre Galata e la zona circostante. La Torre Galata è una delle più antiche della città anche se nei secoli è stata ristrutturata o in parte ricostruita molte volte. Per l’equivalente di 6 euro si può salire fino al balcone che gira tutto attorno alla struttura.
Sicuramente il concetto di sicurezza non è molto europeo. Il balconcino è strettissimo, e in alcuni punti si passa a mala pena uno alla volta. In più non c’è alcuna gestione dei flussi e si finisce per incastrarsi tra chi gira in un senso e chi nell’altro. La vista comunque merita tutto il disagio, la torre non è altissima ma è in cima ad una collina e il panorama è mozzafiato.
Da una parte si vede il Bosforo che unisce il Mar Nero al Mar Mediterraneo e divide l’Europa dall’Asia: Istanbul è una città su due continenti e dalla torre si vedono entrambi. Poco più a ovest si vede la Moschea Blu e il Topkapi Palace circondati da tantissime altre moschee con i minareti che si stagliano verso il cielo.
Finito il giro ci siamo infilati per delle viette piene di posticini dove mangiare e di negozi stracolmi di lanterne di vetro colorato. Passeggiando ancora un po’ siamo arrivati nella zona chiamata Taksim dove si trova un’importante strada commerciale. Potremmo definirla l’Oxford Street turca con tutti i suoi negozi alla moda e la gente che passeggia. Un tram è l’unico mezzo che può passare per questa via e se lo shopping non interessa basta sbirciare le strade laterali per trovare ristoranti o angoli dove bere un caffè o un tè rigorosamente turchi. La cosa curiosa è che tutta la via è agghindata di luci come se fosse Natale… non siamo riusciti a capirne il motivo, a meno che i fiocchi di neve non siano dei simboli con un significato diverso rispetto a quello di inverno.
Arrivata l’ora di cena abbiamo scelto un piccolo ristorante chiamato Victoria ricavato da quella che sembra una cantina. Lo spazio è angusto ma molto carino e finalmente ho assaggiato il vero kebab che è fatto in modi molto diversi: per non perderne neanche uno ho preso un piatto di kebab misto. A differenza di quello che trovi in italia questo è più buono e molto più digeribile!
Prima di chiedere il conto è arrivato un ragazzo con un violino e si è messo a suonare al nostro tavolo. Non gli abbiamo dato molta importanza ma lui ha insistito e cominciato ad inclinarsi verso di me suonando Besame Mucho. C’era qualche significato – più o meno – nascosto oppure pensava di avere più probabilità di una mancia da parte mia? Qualunque fosse il senso della sua serenata è rimasto a bocca asciutta.
Rimanendo così poco tempo e dovendo lavorare non ho potuto scoprire altro di questa città. Sicuramente è un peccato, ma non escludo di tornarci per conto mio!
Per concludere parliamo della lingua. Come la metti la metti il turco è incasinatissimo da leggere. Per prima cosa hanno una miriade di accentini e segnetti su vocali e consonanti e poi hanno poche parole in comune con le lingue neo latine. Quando parlano ci si perde completamente e non esagero se dico che facevo meno fatica quando ascoltavo l’arabo! Per fare una piccola prova ho fatto una foto ad una copertina di una rivista conosciuta anche in Italia ma qua mostrata in versione locale:
Quante parole avete riconosciuto? O meglio: avete notato niente oltre al bonone barbuto???