Appuntamento fisso da tante edizioni anche quest’anno io e Cristian ci siamo goduti l’atmosfera del Festivaletteratura di Mantova con Grazia, Claudio, Federica e Umberto. Negli anni la nostra energia è un po’ diminuita, così abbiamo preferito un ritmo più lento e orari più tranquilli. I tempi delle levatacce per gli eventi notturni sembrano essere finiti ma si sa: conta la qualità e non la quantità.
Io e Cristian siamo arrivati sabato in tarda mattinata, proprio in tempo per il pranzo. Quest’anno abbiamo provato un nuovo posta chiamato La Butega dei Gonzaga a due passi da Piazza Sordello. Si tratta di una pasticceria che prepara anche primi e secondi freschi e ha qualche tavolino all’aperto. Per un pranzo veloce senza doversi limitare ai panini è il posto giusto. C’é però una cosa da far notare: i piatti vengono preparati freschi ma tenuti in un frigo in confezioni monodose incellofanate che sembrano piatti industriali precotti. Vederli così non è il massimo ma una volta che vengono scaldati e messi nei piatti non sono niente male. Ci siamo fatti anche ingolosire da qualche dolce e poi siamo ripartiti per le vie di Mantova.
Nel pieno stile pochi ma buoni io avevo un solo evento a cui partecipare:
NOIR DI RABBIA
Carlo Lucarelli, Andrea Buffa e Massimo Picozzi
La rabbia sta diventando una malattia sociale, secondo Carlo Lucarelli. In un mondo che si fa fatica a capire, dove idee e poteri sono confusi e – se ci sono – non si vedono, si sta facendo largo un disagio che non aspetta altro che una scintilla per esplodere in violenze gratuite contro i più deboli o contro chi capita. In Il sogno di volare, Lucarelli recupera il noir e il commissario Grazia Negro, per raccontare l’insorgenza di questo male ferino e lo smarrimento profondo di una città, cercando al Festival di trovare una cura insieme a Massimo Picozzi – criminologo e personaggio del romanzo – e al musicista Andrea Buffa.
Siamo andati io e Claudio e ci siamo posizionati un po’ lateralmente per cercare di goderci il venticello che di tanto in tanto si faceva sentire. All’inizio temevamo di aver sbagliato evento perché sul palco c’erano una fisarmonica, una chitarra e un cantante che provava qualche pezzo. Solo dopo una veloce rilettura della presentazione dell’evento abbiamo avuto conferma che fossimo nel posto giusto.
Anche l’anno scorso avevo sentito un intervento di Carlo Lucarelli ed era riuscito a convincermi a non leggere mai un suo libro. Detto così sembra una cosa negativa ma, per assurdo, è un merito. L’autore ha infatti descritto le regole del noir, genere vicino al giallo ma con caratteristiche proprie. Nel noir infatti quello che conta è l’atmosfera che spesso ha note negative di rassegnazione. Non sempre è necessario scoprire chi è l’assassino, quello che conta è ciò che la storia smuove e se il delitto resta impunito non fa altro che riflettere una realtà che non sempre mette il punto alla fine di una storia.
Queste linee guida sono molto lontane da quello che mi piace leggere in una detective story. Sono cresciuto con la Signora in Giallo e Agatha Christie e per me è fondamentale scoprire l’assassino e come ha fatto a portare a termine il suo delitto leggendolo nelle ultime pagine del libro. Quello che succede dopo non conta poi tanto, la storia si conclude con il più classico denouement e si può chiudere il libro soddisfatti di aver capito tutto.
Al di fuori di queste mie preferenze Carlo Lucarelli è un oratore molto interessante ed è sempre piacevole sentirlo parlare. Sono anche rimasto molto colpito da Massimo Picozzi il quale, nonostante il lavoro non semplice che svolge, risulta piacevole e razionale in un modo non distaccato. Massimo Picozzi è stato coinvolto in molti episodi di cronaca violenta nel ruolo di consulente e perito ma da lui non traspare la voglia di essere famoso grazie alla morbosità che generano i delitti più pubblicizzati. Sentirlo parlare un’ora non basta a conoscerlo ma mi è piaciuto molto il suo stile, così lontano dalla boriosità del nostro paese.
Ma di cosa hanno parlato esattamente questi due personaggi? Il tema centrale e interessantissimo è quello della rabbia e di come sia diventata molto presente nella nostra vita quotidiana. Il secolo scorso è stato il secolo dell’odio. L’odio è un sentimento razionalizzato e organizzato, è qualcosa che nasce, cresce e sfocia. Nell’odio troviamo la folle lucidità del nazismo ma anche il terrorismo degli anni di piombo. L’odio può essere vissuto dal singolo o unire più persone verso lo stesso obiettivo e nel suo crescere sa essere incredibilmente logico, cerca di dimostrare qualcosa.
Questo secolo invece ha abbracciato la rabbia, molto diversa dall’odio. La rabbia è istintiva e risiede nella parte più vecchia del nostro cervello. La rabbia esplode all’improvviso e non vuole affermare nulla. La rabbia è solitaria, si brucia velocemente e a differenza dell’odio è difficile da fermare prima che sia ad un livello critico. La cronaca è piena di esempi di rabbia esplosiva che ci colpisce ancora di più perché veramente inspiegabile e destabilizzante.
La rabbia è sicuramente figlia dell’incertezza in cui viviamo ma anche una conseguenza della totale mancanza di attenzione alla salute mentale delle persone. Con questo non intendo che che i sani di mente non ne siano affetti (figuriamoci!) ma che in generale non ci si preoccupa della psiche dei cittadini, questo aspetto è dimenticato da tutti fino a quando non è troppo tardi.
In una battuta divertente ma molto azzeccata Massimo Picozzi ha sottolineato come non esistano più i serial killer di una volta. L’odio è alle spalle di un serial killer, serve razionalità e perseveranza per attuare una serie di delitti. La rabbia mal si addice a questo profilo metodico e infatti sentiamo di episodi unici, non concatenati che bruciano in fretta e poi non resta che raccogliere le ceneri sapendo che quello che abbiamo imparato non servirà ad evitare altri casi, la cura deve essere inserita più profondamente nel tessuto sociale.
Massimo Picozzi sottolinea anche come i protagonisti di questi episodi di rabbia debbano essere lasciati da parte e nascosti alla cronaca altrimenti si nutrono della notorietà che scaturisce dalla morbosità delle gente. Non sono esempi da ricordare o figure da idolatrare, faremmo bene a farli cadere nell’oblio perché la rabbia non ci insegna niente e finisce per generarne altra.
Ma non c’era anche un cantante sul palco? Effettivamente c’era ma si poteva stare bene anche senza. Andrea Buffa è un cantautore di canzoni impegnate ma poco orecchiabili e da una voce che non colpisce. Cercava di guidare l’evento ma finiva per fare dei semplici stacchetti quasi solo per dimostrare che ci sapeva fare. Solo alla fine dell’evento si è capito la sua presenza sul palco. E’ stata infatti una sua canzone a dare il titolo all’ultimo libro di Lucarelli, con protagonista una persona che uccide per rabbia. Si scopre però che Lucarelli ha – in un certo senso – interpretato male la canzone vedendo qualcosa che non era lì, una motivazione che l’autore non intendeva cantare. Ha deciso di tenerla comunque come titolo ma anche questo collegamento è poco interessante.
Passando oltre il tema della rabbia sabato sera siamo andati alla mitica Sagra dei Turtei a Cappelletta di Virgilio! Non è un vero Festivaletteratura se non si mangiano i tortelli di zucca mantovani e tutte le altre prelibatezza delle zona. Non siamo certo gli unici ad associare cibo e cultura tanto che il festival si è riempito di eventi slow food.
Devo dire che non sono particolarmente entusiasta di questa deriva. Gli eventi mangerecci tendono a costare di più e ad avere meno disponibilità di posti creando così una corsa al biglietto che può risultare frustrante. Fino ad alcuni anni fa erano gli autori e i libri ad essere protagonisti mentre oggi rischiano di essere spodestati da un agnolotto bio in burro cruelty free.
Forse un po’ esagero ma il grande successo del festival e i nuovi indirizzi stanno cambiando questa iniziativa e a costo di risultare noioso alcune cose mi piacevano com’erano prima. L’atmosfera e la bellezza della città rimangono però intatte e ora non resta che aspettare la prossima edizione!