Dopo mesi di cambi di programma sono finalmente in Australia per due veloci settimane di lavoro a Brisbane e Sydney!
Cominciamo dal principio: il viaggio. L’Australia è veramente lontanissima e l’unica speranza è trovare degli scali abbastanza comodi. Nel mio caso avevo un volo per Dubai e poi uno diretto fino a Brisbane. Il primo erano solo 6 ore mentre il secondo più di 14!
Ovviamente sono atterrato stanco morto e tutto incriccato. Del volo non c’é molto da dire a parte che ho volato su un nuovissimo A380, l’aereo a due piani. Mio fratello e mio babbo erano invidiosissimi ma in realtà non ti accorgi neanche della differenza, alla fine l’economy è tutta su un piano e non puoi certo muoverti a quello superiore. Mi ha colpito una hostess curiosissima che sembrava uscita da un film di Almodovar, un mix tra Rossy De Palma e Arisa. Della seconda aveva l’aspetto mentre della prima il modo di fare, una carriera garantita in Spagna!
Prima di atterrare ho compilato il modulo per l’immigrazione dove oltre alla parte del visto ci sono anche delle domande relative a cibi e piante che non si possono portare in Australia. In questo paese avendo una flora e fauna così speciali prestano moltissima attenzione che non subiscano danni e io avevo delle bustine di té in valigia!!! Il té alla fine è una pianta spesso mescolata ad altre piante e fiori che anche se innocue vanno dichiarate. Ho compilato il modulo per bene e mentre ero in coda per l’immigrazione è arrivata una signora in divisa che faceva un controllo iniziale delle persone.
Quando ha visto la mia crocina sulla necessità di dichiarare qualcosa mi ha guardato con uno sguardo da “adesso arrivano rogne” ma quando le ho detto che erano delle bustine di té il suo sguardo è passato a dire “un’altra sfranta filo inglese!” Ha quindi segnato il motivo della dichiarazione e la cosa è finita lì.
Curiosa è stata la scena al controllo passaporti, i miei due colleghi sono passati tranquillamente, io invece sono dovuto andare in una zona per ulteriori domande. A differenza di quello che fanno negli Stati Uniti (stanza piena zeppa di persone in attesa del giudizio universale) qua hanno uno spazio quadrato con all’intero computer e strumentazioni varie e tutto viene svolto in un clima tranquillissimo e di grande trasparenza visiva.
Per prima cosa un agente di confine ha controllato il mio passaporto leggendo più volte il chip all’interno e controllandone l’originalità agli ultravioletti e con una lente d’ingrandimento. Questo agente aveva anche un piccolo tic nervoso che gli faceva muovere la testa come se dicesse tra se e se “no, non va bene“. Ho cominciato a chiedermi cosa fosse successo al mio povero passaporto che fino a quel momento non mi aveva mai abbandonato.
Dopo una lunga serie di domande (hai un volo per tornare a casa, dove alloggi, quanti soldi hai ecc. ecc.) ha voluto cononscere i miei due colleghi e controllare anche i loro passaporti. Per un attimo ho temuto che avesse capito che eravamo lì per lavoro pur con un visto turistico ma in realtà il nostro visto permette di prendere parti a riunioni di lavoro che è quello che noi facciamo: lavoriamo fisicamente in Australia ma siamo comunque dipendenti italiani. Alla fine ha preso un po’ di appunti e ci ha salutato senza alcuna spiegazione. Come minimo controlleranno che lasceremo veramente il paese o qualcosa così… molto strano.
Ultimo passaggio era la dogana dove siamo andati senza nessun problema. Non hanno neanche voluto controllare le mie pericolosissime bustine di té!!!
Usciti dalla zona arrivi ci siamo messi a cercare una persona con un cartello col nostro nome che ci avrebbe portato in albergo. A causa della lentezza nell’uscire la persona era andata via. Dopo un paio di telefonate è apparsa una vecchina di un metro e cinquanta con un foglio con i nostri nomi che ci ha accompagnato ad una macchinona bianca super moderna e con ogni comfort.
Essendo in tre io mi sono seduto davanti e ho scoperto che questa adorabile signora è neo zelandese, ha poco più di 60 anni e da 36 vive e lavora a Brisbane come autista. Lungo il tragitto abbiamo parlato di un po’ di cose e devo dire che era veramente adorabile, una nonnina che si destreggia nel traffico con tranquillità ma senza andare troppo piano. Mi sentivo anni luce dall’Italia e non solo dal punto di vista della distanza.
La vecchina aveva il suo bell’auricolare bluetooth collegato ad uno smartphone e mentre parlava al telefono ho capito che il suo nome fosse Wendy. A causa della pronuncia neo zelandese però suonata più come Windy in slang può voler dire scureggiona… porella!
Arrivati in albergo le stanze non erano ancora pronte così abbiamo fatto una tarda colazione e lavorato un po’. Ho resistito senza dormire tutto il pomeriggio (l’unico modo per prendere velocemente il ritmo del nuovo fuso orario) fino a che verso le 7 siamo andati a cena.
Con un taxi abbiamo raggiunto la zona della Gold Coast chiamata Surfers Paradise. Si tratta di una moderna località balneare con qualche grattacielo ma un gusto un po’ triste alla Lido di Jesolo in Primavera quando il tempo è un po’ ballerino. Ci sono molti locali e negozi ed una piccola passeggiata pedonale che arriva alla spiaggia sabbiosa e fino all’oceano. In alcuni punti la strada è costeggiata da palme con illuminazioni led lungo il tronco… troppo trash!
La domanda fondamentale del posto è: ma questi surfisti, dove sono? Sicuramente la domenica sera di Novembre non è il momento migliore per avvistamenti realmente degli di nota, ma in generale si aggirano un bel po’ di ragazzotti e giovani uomini piuttosto in forma a dimonstrare che il manzo australiano è molto buono!
Per cena abbiamo scelto un ristorante steak house chiamato Hog’s Breath Café (alito di cinghiale) dove siamo stati piuttosto bene. La stanchezza accumulata non mi ha permesso di godermi completamente il posto ma ho scoperto una cosa particolare degli hamburger australiani: ci mettono sempre una fetta di barbabietola rossa, che schifo!!!
Dopo lunghe giornate di solo lavoro finalmente mercoledì sera ho messo il naso fuori dall’ufficio per vedere il mio amico Andrea che da alcuni anni vive a Brisbane e lavora della Gold Coast. Verso le 18 mi è venuto a prendere a lavoro e siamo andati a Surfers Paradise a casa di due suoi amici. Ci siamo messi tutti sul balcone (vista splendida) a chiacchierare e a bere un bicchiere di vino e più tardi ci hanno raggiunto altre due loro amiche.
Chiacchierando non abbiamo fatto caso all’orario e quando finalmente abbiamo controllato erano le 20 e qualche minuto e dovevamo ancora cenare! Il problema dell’Australia è che si mangia veramente molto presto. La maggior parte dei ristoranti chiudono alle 9 di sera, qualcuno alle 10 e pochissimi a mezzanotte. Di corsa siamo andati ad un ristorante giapponese di quelli col trenino che ti trasportano i vari piattini di sushi.
Dentro non c’era posto così ci siamo accomodati fuori lontano dal trenino con il mangiare. La cameriera ci ho portato due menu soli per 6 persone e dopo pochi minuti è subito passata a prendere le ordinazioni. Non avevamo neanche cominciato a mangiare quando è tornata chiedendoci se volessimo qualche piatto in più: come fai a sapere se hai ancora fame se non hai neanche iniziato??? Continuava a dirci che la cucina avrebbe chiuso alle 9 e se volevamo altro da mangiare.
Finiti i nostri piattini una delle ragazze con noi ha chiesto un tipo particolare di sushi. La cameriera ha detto che la cucina era chiusa e che di quel sushi non ce n’era più, ha però aggiunto che potevamo prendere quello che volevamo da quello che rimaneva sul trenino. La nostra amica è andata a controllare e ha trovato esattamente il tipo di sushi che voleva!
Mi dicevano che è molto difficile trovare personale in gamba nei ristoranti e che molto spesso il servizio è scadente. A me sembra di vedere due standard: quello turistico, molto americano, dove il cameriere ti chiede di continuo se è tutto a posto e quello standard dove sei più o meno lasciato al tuo destino. A seconda di dove ti trovi (zona più o meno turistica) il tipo di servizio cambia.
Dopo cena è arrivato un super temporale con fulmini pazzeschi. Io ero l’unico con l’ombrello (minuscolo) e gli altri hanno dovuto arrangiarsi. Andrea si è coperto tirandosi sulla testa il maglioncino viola che aveva addosso: nella migliore delle ipotesi sembrava un Teletubbies, nella peggiore Barney il dinosauro viola!
Alla fine siamo rimasti in quattro a casa degli amici di Andrea, abbiamo chiacchierato e spettegolato ancora un po’ e poi sono tornato in albergo.
Dopo altri giorni di solo lavoro sabato sera ci sono stati dati dei biglietti per l’Outback Spectacular, uno spettacolo con cena con animali dal vivo. In pratica l’arena centrale è circondata da 5 file di sedie con davanti un lungo tavolino già apparecchiato. Tra una fila e l’altra c’è un passaggio per i camerieri così che possano servirti al tavolo senza difficoltà.
Nel biglietto di ingresso è compresa la cena, bere illimitato (anche alcolico), lo spettacolo e un cappello da cowboy. Appena si entra si viene subito rapiti da una persona che vuole farti la foto su sfondi stile far west per poi vendertela. Io e i miei due colleghi siamo scappati a gambe levate e abbiamo preferito farci la foto con il mio iPhone.
Prima di entrare nell’arena si può stare in uno spazio tutto decorato in stile con lo spettacolo dove si può bere qualcosa. Per qualche motivo curioso questi alcolici vanno pagati… quindi chi non resiste ad aspettare di essere seduto (e bere gratis) deve pagare. Un attore fa un po’ di intrattenimento in attesa dell’inizio ed è molto curioso vedere tutti queste persone con lo stesso cappello nella stessa stanza.
Una volta entrati nell’arena ci siamo seduti ai nostri posti e sul tavolino c’era l’antipasto coperto da una campana di plastica per proteggerlo. Era esattamente come quelle che ti danno all’Autogrill per tenere i cibi al caldo… che tristezza! A metà antipasto è iniziato lo spettacolo e ci siamo trovati a finire di mangiare praticamente al buio.
La parete di sfondo dell’arena è uno schermo sul quale vengono proiettate le immagini che accompagnano lo spettacolo. In più ci sono delle porte scorrevoli che permettono l’ingresso degli animali. Il tutto è piuttosto trash, devo dire. Sullo sfondo appaiono immagini di cavalli, le porte si aprono, cavalli simili fanno qualche acrobazia nell’arena e poi escono da una seconda porta.
Di tanto in tanto ci sono anche dei momenti recitati in stretto accento australiano (vagamente comprensibile) il tutto ambientato in una fattoria nell’Outback. Se tutto questo non bastasse ci siamo vinti anche i pezzi cantati dal vivo su canzone country western australiane!
Il capolavoro è stato quando marito e moglie proprietari del ranch nell’Outback si guardano con amore e lui dice “dopo tanti anni sono innamorato come il primo giorno“, si spostano verso il pubblico e cominciano una canzone mielosa mentre la nebbia finta li circonda e sullo sfondo viene proiettato un sole che tramonta.
Tutto lo spettacolo segue questo schema (proiezioni, cavalli e animali, battute in austaliano stretto, canzoni e si riparte) e devo dire che risulta un po’ noioso. L’all you can drink aiuta ma non abbastanza e la voglia di fuggire (tenendo conto che eravamo alla fine di una lunga giornata di lavoro) era forte. Ad un certo punto vengono anche organizzate delle piccole sfide tra bambini e ragazzi del pubblico e una gara per tutti i partecipanti dove ogni settore deve essere il più veloce a passare un cappello da un lato all’altro dell’arena. Il settore vincitore si guadagna un bell’applauso per poi passare al finale.
Uno spettacolo di questo tipo me l’aspettavo più negli Stati Uniti che qua ma comunque i bambini si divertono molto e i grandi si buttano su cibo e birra.
Il giorno dopo era finalmente un giorno libero, ci siamo quindi trovati nella hall dell’hotel per andare a Brisbane. Abbiamo preso un taxi fino alla stazione ferroviaria di Helensvale e poi il treno locale fino alla città australiana. Il tassista appena ha saputo che eravamo italiani mi ha raccontato tutto della sua passione per il caffé… almeno non ha parlato di calcio!
Arrivati alla stazione in pochi minuti abbiamo fatto i biglietti e preso il treno. Il convoglio era piuttosto nuovo e ben tenuto con display e voce che segnalano le fermate successive. In più c’é un servizio wireless gratuito piuttosto veloce anche se limitato nel numero di mega utilizzabili. Uno dei vagoni è contrassegnato dal cartello Quiet Carriage (vagone silenzioso) ed è un’idea mica male per chi vuole leggere o semplicemente evitare la vicina che strilla al cellulare durante tutto il tragitto.
Dopo poco meno di un’ora siamo scesi a South Brisbane dove siamo stati raggiunti da Andrea, un mio amico del liceo che da alcuni anni vive in Australia. Questa parte della città subito a sud del fiume è stata completamente rivalorizzata in occasione dell’EXPO del 1988. La riva è stata trasformata in uno spazio verde con giochi per i bambini, molti bar e ristoranti e due piscine: una piuttosto classica e l’altra con sabbia e tutto quanto per farla sembrare una spiaggia vera!
Verso metà passeggiata ci siamo fermati a fare una seconda colazione in un bar. Accanto al nostro tavolo all’aperto c’era una pecora di plastica che attirava pargoli come se piovesse ma comunque il posticino era piccoletto ma carino. Non essendoci servizio al tavolo ci siamo alzati a coppie per ordinare. Per primi siamo andati io e Andrea. Davanti a noi c’era un giovane uomo piuttosto carino, muscoloso e con spalle belle larghe. A rovinare un po’ il quadro in braccio c’era sua figlia che si dimenava e rumoreggiava. Io mi sono avvicinato a Andrea e ho detto – piano ma comunque udibile – “spalle rubate all’agricoltura” e mentre lo dicevo ho avuto il dubbio che il marcantonio potesse capirmi. Oramai il possibile danno era fatto e comunque si trattava pure sempre di un complimento. Quando è stato il mio momento di ordinare la cameriera mi ha chiesto che caffé volessi e io ho detto che non bevo caffé e avrei preferito una spremuta. In quel momento il marcantonio si è girato verso di me dicendo “un italiano che non beve caffé!“. Ho avuto quindi la conferma che mi aveva perfettamente capito! Devo ricordarmi la regola d’oro per quando si viaggia “fatti i cavoli tuoi che campi cent’anni!” Comunque nella classifica delle figure di merda non mi sembra delle più gravi.
I miei due colleghi si sono invece fatti incuriosire da un caffé dimenticando che se non ne vogliono una tinozza devono chiederlo super espresso. Così sono tornati al tavolo con due gigantesche tazze di caffé lungo che hanno bevuto mesti mesti e con un po’ di disgusto. In tutto questo io mi gustavo il mio frullato di frutta e il mio muffin ai mirtilli.
Dopo la seconda colazione abbiamo temporaneamente salutato Andrea che sarebbe andato a vedere una mostra e abbiamo proseguito il nostro giro. Per prima cosa abbiamo percorso il ponte che unisce le due sponde del fiume per raggiungere down town. Proprio in corrispondenza del ponte parte una strada pedonale piena di negozi e ristorantini. L’abbiamo percorsa fino alla fine e poi piegato verso destra girando a caso per le vie. La nostra destinazione era il giardino botanico poco lontano.
Nessuno di noi era strettamente interessato al giardino botanico ma non avevamo tantissimo tempo (poco dopo dovevamo recuperare Andrea per andare a pranzo) ed è un luogo molto rilassante e curato. Il mio collega Luca ha dato prova di essere un ornitologo provetto quando abbiamo incontrato un ibis australiano e ha dichiarato: “fa qua quindi è una papera!” Ovviamente un ibis non è una papera anche se in australia ha il ruolo del nostro piccione. Peggio, loro hanno anche i piccioni, doppia sfortuna!
Dal giardino botanico parte un ponte pedonale per tornare sul lato sud della città. Il ponte è sia per pedoni che ciclisti e ci sono spazi precisi dove stare. Ovviamente sul lato opposto del ponte c’erano dei balconcini dove fermarsi a godersi il panorama e dovevamo controllare i ciclisti in arrivo per evitare di essere travolti.
Sul lato opposto del ponte abbiamo ritrovato Andrea e alcuni suoi amici e siamo andati a cercare un posto dove pranzare. Qualche minuto e piedi a abbiamo raggiunto The Gunshop Café un piccolo bar/ristorante molto carino con un giardino interno. Sul menu c’era scritto che era possibile fare conti separati solo se tutti avessero pagato con contanti. Le carte di credito erano accettate ma solo una per tavolo. Questo ci metteva in crisi perché io e i miei colleghi dovevamo assolutamente pagare con carta di credito e solo la nostra parte del conto. Prima di ordinare ho quindi chiamato la cameriera e le ho detto: “abbiamo letto le regole per il pagamento, ma siamo italiani e quindi le regole non le seguiamo tanto“. Lei mi ha guardato un po’ perplessa ma poi ha sorriso e accettato di fare un conto separato solo per noi tre. Per la serie ci facciamo sempre riconoscere…
Subito dopo pranzo abbiamo salutato Andrea e i suoi amici e siamo tornati nella Gold Coast con il nostro fedele trenino. La sera dovevamo tornare a Surfers Paradise per andare all’Hard Rock Café per prendere alcuni souvenir. Sapevamo che venerdì era iniziata una settimana speciale per quella parte dell’Australia ma non eravamo pronti per quello che ci siamo trovati davanti.
In pratica gli studenti australiani che finiscono il liceo festeggiano con una settimana di alcool a Surfers Paradise! Quella sera c’erano 50.000 studenti sù di giri da venerdì e noi eravamo proprio nel mezzo del delirio. Ovviamente tutto è organizzato, con zone dedicate a loro (come la festa in spiaggia dove ci vuole un braccialetto speciale per accedere) e pattuglie di polizia ogni 50 metri ma il livello di ubriachezza e schiamazzo è difficilmente gestibile. Gli studenti che festeggiano vengono chiamati Schoolies e hanno anche degli Schoolies Support Team che – accanto alla polizia – pattugliano le strade per controllare che siano ancora vivi e non soffochino nel loro vomito. Gli Schoolies Support Team hanno delle pettorine colorate e sembrano studenti poco più grandi degli Schoolies. Nel giro della nostra passeggiata abbiamo visto 5 arresti, tutte persone troppo ubriache o probabilmente con qualche droga.
I ragazzi vanno in giro scalzi e mezzi nudi e molti sono veramente dei boni (santa carne australiana) mentre le ragazze sembrano uscite dalla gara della mignotta: minigonne inesistenti e pronte a saltare addosso a qualunque forma di vita maschile di qualunque età. Non che i ragazzi non siano altrettanto arrapati ma probabilmente sono più timidi e fanno i gradassi solo tra di loro. Dopo cena abbiamo passeggiato per le strade che erano tranquille solo alcuni giorni prima e un po’ siamo rimasti sconvolti: come fanno ad andare avanti così per una settimana intera? Probabilmente le università australiane hanno risolto così il problema del numero chiuso: fanno fuori gli studenti prima che si presentino ai test di ammissione!
La mattina dopo siamo andati a lavorare con i bagagli perché nel pomeriggio ci saremmo spostati a Sydney!!! Prima però abbiamo fatto un pranzo in stile Superquark in una sorta di piccolo parco naturalistico con animali australiani. Abbiamo visto i dingo (cani selvatici australiani) e – ovviamente – i koala! I koala sono sicuramente molto carini e coccolosi ma prima di abbracciarli consiglio a tutti di fare caso agli artigli che hanno. Gli servono per rimanere appesi agli alberi quindi non sono certo piccolini e fragilini. Questi orsetti dormono fino a 18/20 ore al giorno e quando non dormono mangiano foglie di eucalipto che li lascia in uno stato di fattanza perenne. Loro sì che hanno capito tutto dalla vita!
Quando è stato il momento di andare in aeroporto ci abbiamo messo una vita a far capire al taxi dove venirci a prendere. Quando siamo finalmente partiti si è fermato sulla rampa di accesso all’austostrada per chiedere autorizzazione ad andare fino a Brisbane e per farsi dare il costo del viaggio e una sorta di assicurazione… che cosa strana. Sistemate queste parti burocratiche siamo arrivati in aeroporto senza problemi.
Il check-in della Quantas per i voli interni è solo automatico. Ci sono dei totem dove inserisci i tuoi dati e viene stampata sia la carta d’imbarco che il tag per il bagaglio. Mi sentivo una hostess perfetta quando ho preparato il bagaglio e l’ho fatto partire! Gli australiani devono essere un popolo piuttosto avanzato se non vanno nel panico davanti a questi automatismi. In Italia la maggior parte delle persone rimarrebbe a terra incantati davanti ai totem e a questi misteriori scontrini che escono con prepotenza.
Mentre aspettavamo l’imbarco è arrivato un annuncio che a causa di un temporale tutte le operazioni di terra sarebbero state interrotte. In questo periodo dell’anno i temporali sono piuttosto frequenti e si vede che hanno un’organizzazione che funziona come un orologio. Non appena il temporale è passato hanno fatto un secondo annuncio e ripreso le operazioni come se niente fosse. Certo i voli erano in ritardo, ma tutto era chiaro e le informazioni aggiornate, che meraviglia!
Atterrato a Sydney sono andato direttamente a casa di Laura, un’amica che vive in Australia da circa un anno. Condivide un appartamento con altre due ragazze e la loro casa è molto particolare. Si tratta di un ex ufficio al quale non sono state fatte molte ristrutturazioni. Appena si entra c’é una stanza enorme, poi tre stanze da letto sparse e la cucina dietro a pannelli trasparenti. Ho trovato il bagno molto curioso perché ha un lavandino in comune e due cubicoli con i water! Essendo una casa condivisa non è una cattiva idea!
Laura a cena mi ha fatto un’ottima lasagna e un sorbetto al limone con un frullato di frutti di bosco. Ci volevano proprio dopo 10 giorni in giro per ristoranti. Mi ha anche ceduto la sua camera da letto dove ho dormito perfettamente, è stata veramente un tesoro! Stavo per prendere sonno quando ho sentito un rumore strano, una sorta di soffio e una risatina maligna. Per un attimo ho temuto che qualche bestia strana fosse entrata dalla finestra, ma quale bestia ride prima di uccidere un ignaro turista? Alla fine ho scoperto che il rumore era uno spray automatico di profumo. Il soffio era lo spruzzo e la risatina era il meccanismo che prepara lo spruzzo successivo.
La mattina dopo abbiamo recuperato i miei due colleghi e siamo andati alla scoperta della città. Prima tappa Harbour Bridge e Opera House. Non si può dire di essere stati a Sydney senza vedere queste due opere architettoniche. Passeggiando accanto alla Opera House si rimane colpiti dal fatto che le famose vele siamo coperte di piastrelle bianche e grigie. Da lontano sembra una superficie perfettamente liscia, è incredibile.
Dopo l’esperienza a Brisbane ci siamo fatti tentare dai Royal Botanic Gardens e non siamo assolutamente rimasti delusi. Sono molto più grandi e meglio curati ed è stato rilassante passeggiare tra le aiuole fiorite. Tappa successiva The Rocks accanto all’Harbour Bridge dove quelli che sembrano vecchi depositi sono stati recuperati e trasformati in ristoranti e hotel. Qua si trovano le costruzioni più vecchie della città e sembra di essere nella zona dei docks a Londra. In un piccolo fazzoletto di verde abbiamo avvistato un ragazzo in mutande che prendeva il sole. Dal fisico e dall’aspetto era probabilmente un modello e non nascondo che potesse reclamare il ruolo di meridiana pubblica. Noi abbiamo sorriso alla sfrontatezza del personaggio ma nessuno sembrava farci caso.
A questo punto abbiamo preso George Street una via lunghissima piena di uffici e negozi fino a voltare a destra per passare un ponte pedonale fino a Darling Harbour una zona che sembra molto nuova, come se l’avessero riqualificata da poco. In questa zona c’erano dei giochi per bambini fantastici con piccoli canali artificiali per l’acqua e delle dighe per regolare il flusso: una cosa da futuri ingegneri! Tornati sui nostri passi siamo passati da Chinatown per poi crollare sugli sgabelli di in un sushi bar per il pranzo. Oltre a quello che passava sul trenino era possibile ordinare da schermi touch screen. Luca si è divertito un mondo prendendo tutte le nostre ordinazioni.
Rifocillati abbiamo fatto due passi in Hyde Park (non grande come quello di Londra) e visitato velocemente l’ANZAC Memorial dedicato ai soldati morti in guerra. A questo punto abbiamo cominciato a passeggiare lungo Oxford Street fino a Durlinghurst, la zona gay della città. In Oxford Street ci sono un po’ di locali a luci rosse e sembra di essere a SOHO a Londra mentre non ho potuto vedere molto della zona gay – visto che era primo pomeriggio – se non The Bookshop Durlinghurst una deliziosa libreria gay piena zeppa di titoli a tematica.
Con le ultime energie che ci rimanevano abbiamo passeggiato nella zona chiamata Surry Hills piena di casette carinissime e con prezzi da urlo. Stremati dalla giornata siamo tornati a Hyde Park dove siamo svenuti su di una panchina. Dopo una mezz’ora abbiamo salutato Laura e abbiamo preso un taxi per andare in aeroporto.
Recuperati i bagagli abbiamo fatto check-in e ci siamo messi in coda per il controllo immigrazione. Ovviamente anche in questo caso mi hanno fermato. Questa volta quando l’agente di confine ha visto che ero italiano si è messo a ridere e ha fatto solo un controllo veloce. Ha visto che avevo preso il sole e ha fatto qualche battuta ma in 5 minuti era tutto a posto.
Effettivamente tutti e tre avevamo preso il sole durante la passeggiata in giro per Sydney. Io in particolare tendevo al color aragosta così sono andato in farmacia a recuperare una crema idratante. Come farmacista ho trovato una signora asiatica che temevo mi avrebbe offerto qualche strano rimedio orientale a base di tigre e cavallette.
Appena le ho spiegato il problema mi ha subito suggerito una crema idratante con aloe vera. Ho cercato di prendere il flaconcino più piccolo quando ha cominciato a dire che se non l’avessi applicata ogni due ore durante tutto il volo mi sarebbe successo di tutto: dalla screpolazione alle bolle, dal colera alla Malaglictamocterosis! Per paura che mi scagliasse addosso una maledizione ho preso il flaconcino più grande o ho cominciato a metterlo subito. Ho continuato così durante le 24 ore di volo (fino a Dubai e poi fino a Milano) attraendo sguardi incuriositi: non avete mai visto una lampadina flourescente rossa mettersi una pappina verde ogni due ore???
Eccomi alla fine del viaggio. Mi sarebbe piaciuto godermi più il paese ma in due settimane il tempo non è abbastanza. Come da tradizione ecco alcune curiosità che mi hanno colpito.
Le bottigliette d’acqua o di bibite sono da 600ml… chissà perchè…
A Sydney hanno delle pompe pubbliche per biciclette: un sogno!
Quando ero negli Emirati Arabi mi sono stupito che la maggior parte delle macchine fossero bianche. Qua in Australia ne ho viste alcune colo violetto veramente mostruose!!!