
Ieri sera io e Cristian abbiamo passato una serata veramente speciale al Teatro alla Scala di Milano. Il mio regalo per i 40 anni di Cristian erano due biglietti in platea per vedere La Traviata, opera di Giuseppe Verdi che ha aperto la stagione lo scorso 7 Dicembre.

La storia dell’opera racconta di Violetta, una cortigiana di Parigi, e del suo amore per Alfredo, un giovane nobile. Inizialmente Violetta è restia ad accettare l’amore di Alfredo ma poi cede e i due convivono per alcuni mesi. L’arrivo del padre di Alfredo rompe l’idillio poiché lui chiede a Violetta di lasciare suo figlio perché la loro relazione – mal vista dalla società – sta mettendo a repentaglio il matrimonio della sorella di Alfredo. Violetta accetta suo malgrado e lascia Alfredo nonostante ne sia ancora innamorata. Lui preso dalla sofferenza e dalla gelosia la insulta ad una festa davanti a tutti gli amici e al padre. La loro storia sembra finita per sempre se non fosse che il padre di Alfredo – colpito dalla nobiltà d’animo di Violetta e da come è stata trattata da Alfredo – dice tutto al figlio e gli permette di tornare ad incontrarla. Lei però è gravemente malata di tubercolosi e i due riescono a vedersi solo per alcuni momenti prima che lei muoia.
Una volta nella vita bisogna andare alla Scala, sia per l’opera ma anche per la storia che il teatro si porta dietro. Cristian non era mai stato così ci siamo agghindati in giacca e cravatta (quest’ultima solo io) e ci siamo gettati nel vortice di pellicce e gioielli luccicanti. Cristian non aveva mangiato così siamo saliti nel ridotto dei palchi a prendere qualcosina. Alla modica cifra di €6 ha recuperato tre minuscoli paninetti… sempre meglio che morire di fame!

Finito il lauto pasto siamo tornati in platea e ci siamo posizionati ai nostri posti. Alla mia sinistra è arrivata una famiglia scandinava con padre, madre e due figli che avranno avuto una decina d’anni. Temevo per il peggio e invece i due pargoli non hanno fiatato per tutta la rappresentazione tranne un piccolo colpo di tosse del maschietto. Incredibile, si vede proprio che non erano italiani!
Il registra ha deciso di fare un unico intervallo, calando il sipario alla fine del primo quadro del secondo atto. Per celebrare una nostra tradizione londinese ci siamo presi due bicchieri di vino bianco al bar della platea. Il pubblico era un mix tra cariatidi milanesi, stranieri da tutto il mondo e strane coppie formate da signori un po’ anzianotti e giovani ragazze con tacco alto. Escludo siano amanti – è pur sempre La Scala, salotto pettegolo della città – ma in ogni caso sembravano portate come trofei.

Finita l’opera – molto applaudita in particolare la protagonista – abbiamo recuperato le nostre giacche al guardaroba e abbiamo passeggiato lungo la Galleria per prendere la metropolitana per tornare a casa.
A parte il nostro vissuto della bellissima serata mi interessava parlare della rappresentazione. Come molte opere liriche la storia è piuttosto frivola e l’aspetto gradioso e serioso arriva dalla bellezza della musica e dal concetto tutto italiano che l’opera è una cosa seria e importante.
Il regista Dmitri Tcherniakov ha deciso di raccontare la storia per quella che è: un giovane innamorato in modo quasi adolescenziale che si arrabbia, pesta i piedi, rimane scottato ma si riprenderà presto. Questa scelta registica è stata molto criticata ma non mi sarei aspettato altro da un pubblico rigido come quello della prima. Potremmo dire che il romanticismo è rimasto nella musica mentre la realtà si è insinuata nella messa in scena.
Il terzo atto è sicuramente quello che si allontana di più dal concetto classico di quest’opera. Alfredo entra in casa di Violetta per la prima volta dopo il litigio e si presenta con un mazzo di fiori e una scatola di cioccolatini – il super cliché da commedia romantica. Lei è malata e non sa cosa farsene di questi regali. Cerca di mostrarsi forte e vicina alla guarigione ma Alfredo sa della sua malattia e ha paura a toccarla per non rimanere infettato.
Solitamente Violetta muore nelle braccia dell’amato mentre in questo caso spira su una sedia con la serve Annina che allontana Alfredo e suo padre come a dire: che diritto avete a stare qua? non siete che personaggi passeggeri che avete preso da Violetta senza dare nulla indietro.
Personalmente questa idea registica mi è piaciuta molto. Sicuramente è meno romantica ma rende ancora più tragico il personaggio di Violetta, colonna portante di tutta la storia. Se già è triste vederla morire avendo goduto così poco dell’amore di Alfredo, ancora più lacrimevole è vederla morire piena di amore mal corrisposto.
Per concludere c’è stata una cosa curiosa durante i saluti finali. Tra i vari personaggi solisti in linea a prendere gli applausi c’era un attore che avevo notato in una sola scena, alla festa in casa di Flora, amica di Violetta. Si tratta di un ragazzotto piuttosto muscoloso che si presenta a torso nudo e invita gli ospiti a spostarsi nella sala accanto. Sicuramente mi sono perso qualcosa e il fulmine dell’ira operistica mi colpirà ma cosa ci faceva questo attore in mezzo a tutti gli altri? Per carità, era un bel vedere ma il mistero non è ancora stato sciolto.
Detto questo la serata è stata veramente speciale e sarebbe bello ripeterla in futuro.
Update – 06 Aug 2014
Dopo mesi di incertezze (non ci si dormiva la notte… proprio no) ho scoperto chi era il fascinoso domestico di Flora nell’opera! Grazie al sito Barihunks ecco risolto il mistero: era il baritono Ernesto Petti.
Da giovane voleva diventare giocatore di pallanuoto e poi ha scoperto le sue doti operistiche. Fortunatamente ha anche mantenuto un po’ del suo fisico da atleta:


Gradevole cronaca di una serata, ma non direi che la storia è frivola. Innanzitutto, come si sa fino alla noia, è tratta da un’opera letteraria, e in secondo luogo bisogna pure saperla inserire nel contesto in cui fu scritta e, successivamente, ridotta a libretto e orchestrata.
Basti pensare a cosa potrebbe essere la storia della Dama delle Camelie se Violetta fosse…un uomo. Come la vedresti la stessa storia? In fondo i valori fondanti che sorreggono la storia sarebbero gli stessi.
Un caro saluto, è la prima volta che visito il tuo blog.
S.
Ahhahah fantastico non l’avevo letto!
Ernesto