
Dopo l’ultimo libro di Sophie Kinsella mi sono fatto incuriosire da un romanzo italiano: Dillo tu a Mammà di Pierpaolo Mandetta. Erano tanti anni che non leggevo un libro in italiano ed effettivamente un po’ manca il contatto con la propria lingua e la propria terra.
Ecco una breve sinossi del romanzo:
I sentimenti non sono semplici, ma con le parole lo diventano. L’amore è sempre una faccenda di famiglia. Samuele ne è convinto, mentre guarda fuori dal finestrino sul treno che da Milano lo trascina verso sud. Dopo essere fuggito per anni, è finalmente pronto a rivelare ai suoi genitori di essere omosessuale. Con lui c’è Claudia, la sua migliore amica, incallita single taglia 38 e unica donna di cui si fida. Appena arrivano a Trentinara, un grazioso borgo del Cilento, ad accoglierli ci sono i parenti al completo. E la sera, alla festa del paese, il papà ha un annuncio da fare: suo figlio e la fidanzata Claudia si sposeranno a breve. È un vero e proprio shock per Samuele: lui vuole sposare Gilberto, il compagno rimasto a Milano, proprio lo stesso uomo che lo aveva convinto a riavvicinarsi ai suoi. Ma nelle case del Sud è quasi una tradizione che sogni e desideri vengano condivisi in “famiglia”: non solo con mamma e papà, ma anche con quella vecchia zia che si incontra una volta all’anno e persino con la vicina di casa. E così Samuele, per poter essere padrone della propria vita, dovrà fare i conti con un passato che vuole lasciarsi alle spalle; stavolta, però, non è disposto a scendere a compromessi. E adesso chi glielo dice a mammà?
Leggendo queste righe di presentazione ero pronto ad un Mine Vaganti campano e invece siamo di fronte ad una storia piuttosto diversa. Senza rovinare la sorpresa a nessuno (di quella ne parliamo dopo) la rivelazione dell’omosessualità del protagonista avviene molto presto nel libro e le reazioni di parenti e compaesani diventano per Samuele uno spunto (desiderato o meno) per ascoltare quello che gira nella sua testa.
Ecco quindi che l’aspetto personale del protagonista sale in primo piano e gli altri personaggi diventano un contorno utile ma non così necessario. La mancanza di una coralità allontana il libro dal meraviglioso film di Ozpetek. Questa non è una critica è solo che la quarta di copertina sembra raccontare qualcosa di diverso, forse una mossa di marketing?
Il libro è scritto in maniera piacevole e delinea molto bene le tipologie di personaggi che circondano il protagonista: abbiamo il mondo milanese con la sua isteria, quello del paesello con tanto amore e sensi di colpa, i trentenni, gli anziani ecc. ecc.
Anche la resa degli accenti è ben calibrata, forse poco credibile (gli abitanti di Trentinara parlano troppo bene rispetto a come vengono descritti inizialmente), ma una maggiore aderenza alla realtà avrebbe reso il libro molto faticoso da seguire.
Passiamo a qualche valutazione più approfondita.
Spoilers
Il libro si legge volentieri ma non è un capolavoro. L’autore ha degli spunti interessanti ma secondo me come scrittore manca di maturità oppure l’editore avrebbe potuto fare di meglio nel guidarlo.
L’impressione che ho avuto leggendo il romanzo è che ci fossero delle frasi e delle scene che volesse utilizzare ad ogni costo perché indubbiamente carine. Il problema è che il collegamento tra questi spunti e il resto è un po’ carente. Per dare maggiore solidità alla storia si sarebbe potuto tagliare alcune parti se non addirittura interi personaggi secondari.
Ci sono alcune zie o amiche di famiglia che vengono raccontate in modo molto interessante ma poi compaiono per pochissime pagine e allora quella tridimensionalità descrittiva non serve a niente. Un altro esempio è un amico d’infanzia (un manzo da monta) che incontra per strada. La scena è divertente perché il banale scambio di battute è intervallato dai pensieri di Samuele davanti a cotanto ben di dio. Va bene raccontare il pensiero del gay medio che cerca di darsi un tono e sotto è tutta bagnata ma tirare fuori un vecchio amico con un fare da maschio etero disinibito e poi non sfruttare questa figura come elemento di contrasto è un peccato.
La verità è che il libro ha pochissimi veri contrasti. L’omosessualità di Samuele non crea vero scandalo in paese e i genitori non sono così sconvolti. Inizialmente il padre sembra il più colpito dalla notizia ma anche lui scompare per decine di pagine e quando se ne sente parlare di nuovo non ha nulla da dirci. Similarmente anche la madre (figura più importante) sembra accantonare o digerire (con qualche rigurgito per carità) la notizia ma la vita va avanti come sempre.
Allo stesso modo è difficile capire la carica emotiva del personaggio di Peppe. Si tratta del suo primo amore adolescenziale, diventato suo ragazzo segreto che poi gli spezza il cuore per non farsi scoprire gay. Peppe si costruisce una vita etero che esploderà al ritorno di Samuele. Pur essendo questo uno dei momenti più emotivi (la fidanzata sconvolta, la madre che attacca briga con chiunque) Peppe (e anche Samuele) naviga il tutto con poca vera angoscia e le scelte si fanno in poche parole e pochi ragionamenti.
Una possibile spiegazione di questo approccio è che la storia è raccontata in prima persona attraverso gli occhi di Samuele. Il suo carattere e la sua incapacità di affrontare molti aspetti della vita sono i veri protagonisti. Samuele è un ragazzo che sembra scontento di tutto, che non riesce ad ammettere di poter essere felice. Nel fare coming out con la sua famiglia si aspettava (e sperava) una tragedia. Quando non arriva va ancora più in crisi perché ha perso un’altra scusa per piangersi addosso.
Ed ecco che i sentimenti degli altri hanno poca importanza perché per lui ne hanno poca visto che è centrato sul suo personale vortice di delirio. Questa potrebbe essere una scelta intelligente da parte dell’autore oppure una non completa capacità di raccontare.
La parte che mi è piaciuta di più del libro è quella centrale. E’ lì che si concentrano le emozioni più profonde e meno sensazionalistiche. E’ la parte dove il protagonista permette agli altri di diventare più reali e quindi al libro di raccontare dei passaggi meno egoistici.
Alla fine abbiamo finalmente un lieto fine anche se forse troppo gettato lì, come se l’autore si fosse prefissato di giungere a quella conclusione senza però averla veramente accompagnata durante il resto del romanzo.
La mia conclusione è che il libro vada bene come lettura leggera che fa sorridere ma non cambia la vita. Non è certamente uno di quei libri necessari per lo sviluppo emotivo dei ragazzi gay ma almeno ha il pregio di raccontare un comportamento spesso comune nella nostra comunità, quello del ragazzo gay scontento di tutto quando agli altri sembra che abbia moltissime ragioni per essere felice.
