
Settimana scorsa sono finalmente tornato a Londra per alcune riunioni e ne ho approfittato – strano!!! – per andare a teatro. Lo spettacolo prescelto era Company di Stephen Sondheim al Gielgud Theatre. Ecco un piccolo video di presentazione.
Stephen Sondheim non è il mio autore di musical preferito… le sue sonorità tendono ad essere dissonanti e stridenti e alcuni suoi spettacoli piuttosto convoluti (Into the Woods ad esempio.) Questo Company però è da molti considerato il suo spettacolo più significativo e mi sembrava giusto dargli una possibilità.
L’elemento che mi ha convinto in modo definitivo era la presenza in scena della mitologica Patti Lupone!!! Nel giro di 10 minuti avevo preso il mio biglietto e nel giro di qualche giorno sarei stato in platea pronto e curiosissimo.
Questa produzione aveva una sorpresa aggiuntiva. Per la prima volta dal suo debutto nel 1970 si è deciso di trasformare il protagonista (Bobby) in una protagonista (Bobbie). Di conseguenza le tre fidanzate di Bobby diventano tre fidanzati ma nessun personaggio viene realmente riscritto: cambia qualche pronome, una proposta amorosa si sposta ma tutto resta fedele all’originale. Per assurdo il cambiamento più radicale è una delle coppie di amici che in questa produzione diventa una coppia gay.
Questa è una breve – brevissima – sinossi da Wikipedia:
The plot revolves around Bobbie (a single woman unable to commit fully to a steady relationship, let alone marriage), the five married couples who are her best friends, and her three boyfriends. Unlike most book musicals, which follow a clearly delineated plot, Company is a concept musical composed of short vignettes, presented in no particular chronological order, linked by a celebration for Bobbie‘s 35th birthday.
Non è certo una sinossi invitante eppure appena inizia lo spettacolo la magia del teatro prende il sopravvento regalando allo spettatore una produzione brillante, coinvolgente ed estremamente divertente. Le scene della vita di Bobbie diventano uno specchio per ragionare sulla solitudine, la vita di coppia, il matrimonio, il divorzio e la fedeltà sia fisica che emotiva. La protagonista cambia idea più volte durante lo spettacolo (non sappiamo neanche l’ordine cronologico di quello che vediamo) permettendoci di sfiorare punti di vista diversi.

Ed ecco che il cambio di sesso di questa produzione diventa un vero punto di forza. Siamo abituati a personaggi maschili ironici e cinici (soprattutto sulle relazioni a lungo termine) ma molto meno a personaggi femminili con le stesse caratteristiche. Lo stereotipo ci spinge a considerare le donne single come brutte o problematiche mentre Bobbie è bellissima e non più bizzarra dei suoi amici sposati. In altre parole Bobbie non è zitella, è una ragazza che vedendo le idiosincrasie delle coppie di amici si domanda se ne valga la pena, se sia la strada migliore per rimanere se stessa.
Molto interessante è il rapporto con i fidanzati: Andy (assistente di volo senza cervello), PJ (poeta metropolitano) e Theo (giovanotto del Massachusetts). Theo ammette di aver pensato seriamente a Bobbie ma decide di tornare a Cape Cod per sposare una vecchia fiamma. PJ sembra interessato solo all’atmosfera decadente ma intrigante di New York. Infine Andy appare tonto per capire davvero cosa prova o cosa succede.
I tre ragazzi raccontano una mascolinità non machista ma modernamente credibile. Conseguentemente Bobbie è rappresentata con una femminilità moderna e fuori dagli stereotipi. Non è facile da spiegare a parole ma questo spostamento permette allo spettatore di farsi qualche domanda e rendersi conto di quanto i preconcetti siano pronti a saltare fuori in qualunque momento.
Un esempio è la scena dove Bobbie cerca di convincere il tonto Andy ad andare a letto con lei. Precocetto: com’é possibile che una donna abbia più desiderio sessuale di un uomo?
Lui sembra veramente senza cervello ed è come se non capisse che lei vorrebbe fare sesso. Preconcetto: se Andy fosse donna sarebbe un’oca svampita e frigida, essendo un uomo dev’essere gay…
Alla fine riesce a convincerlo ma la mattina dopo ha una visione del suo futuro con Andy dove lui diventa sempre di più il tipico maschio becero e lei la moglie e madre succube e un po’ triste. Ed ecco ritornare a quello che dicevamo prima: lei ha paura di perdere la sua autonomia, ha paura che il matrimonio significhi compromessi così profondi da renderla una persona diversa o finta.
Alla fine dello spettacolo sembra però che una nuova cognizione entri in gioco: forse è possibile che i compromessi della vita di coppia possano farla crescere senza cambiarla radicalmente.

Rosalie Craig (Bobbie) è strepitosa nel suo ruolo da protagonista. Il suo è il personaggio come meno momenti musicali ma la sua quasi costante presenza in scena lo rende molto complesso. E’ straordinaria in ogni sua espressione e movenza, veramente il fulcro di tutto quello che accade.

Patti Lupone (Joanne) ruba la scena ad ogni ingresso, la sua presenza pari a quella di una divinità. Il suo è un personaggio secondario ma ha una canzone (The Ladies Who Lunch) divertente ma anche con un lato critico e malinconico. In alcuni momenti mi ricorda Karen Walker di Will&Grace ma senza la vocina stridula!
Sin dal titolo si capisce che Company è uno spettacolo corale e tutto il cast si muove come un unico e poliforme personaggio. Tutti bravissimi, come ci si aspetta nel West End.
Maaaaaaaaaa c’era anche qualche bono degno di merito? Ovviamente sì! Ecco due interpreti da ricordare.
Il primo è Jonathan Bailey, bravissimo nella scena isterica prima di sposarsi e con un dolcissimo musetto.
Il secondo è Richard Fleeshman, indimenticabile nella scena in cui resta in mutande…

E’ tutto per questo passaggio londinese, non resta che aspettare il prossimo spettacolo!