Feroci

Ieri sera sono andato al Teatro Franco Parenti a vedere uno spettacolo molto interessante: Feroci della Dogma Theatre Company.

Ecco una breve sinossi e un video di presentazione.

In una provincia del Nord, Daniel è la punta di diamante di un gruppo neofascista della zona. L’incontro con l’enigmatico Edo fa riaffiorare in lui un istinto che ha da sempre negato: è possibile che proprio lui provi attrazione per un altro uomo? La tensione sessuale – e poi affettiva – tra i due, innesca un corto circuito tra le regole del branco.

Con un’inedita fusione tra prosa e physical theatre, in scena una storia al tempo stesso locale e universale. In bilico tra affresco sociologico, avventura sentimentale e favola nera, si parla di rapporto tra società e natura, tra istinto e regola, tra impulsi e dogmi, si attraversano le dinamiche del “branco” e i meccanismi accecanti del totalitarismo e – non da ultimo – si riflette sul maschile e i suoi modelli, sulla sua percezione e la sua rappresentazione.

La rappresentazione inizia con una lunga scena in una discoteca gay. Non sono un grande amante del physical theatre e questo inizio mi stava preoccupando. Pian piano che passavano i minuti però ho notato quanti piccoli dettagli erano nascosti tra un movimento e l’altro della coreografia: felicità, libertà, promiscuità, intercambiabilità, sensualità e così via.

Il senso di protezione di un ambiente comunitario viene istantaneamente distrutto da un pestaggio omofobo da parte del branco di estrema destra. La solitudine dell’ultimo avventore nutre l’odio del lupo che in pieno meschino stile fascista attacca il più debole. Con questa introduzione entriamo nel mondo del branco.

Il gruppo di estrema destra è composto da uomini senza relazioni stabili che si atteggiano a benefattori solo di coloro che meritano di essere aiutati. Sono vicini a idee complottiste che la più semplice logica distrugge in un istante e qualcuno bazzica nel mondo dello spaccio perché si sentono intoccabili nel loro mondo piccolo e rurale.

L’arrivo di Edo smuove le carte sul tavolo: il potere dentro al gruppo si sbilancia e certi sentimenti riaffiorano. Non voglio entrare troppo nel merito della storia ma posso dire che l’odio che tiene insieme il gruppo è una colla insufficiente e ne è la sua stessa rovina. Tra loro non c’é vero cameratismo, c’é solo un comune rancore verso il diverso. Per quanto si atteggino da spavaldi, i loro modi totalitaristi sono tristi, beceri e talmente senza radici che i componenti del branco si dimostrano sempre più piccoli e impotenti.

Lo spettacolo racconta molto la vita del branco ma si sofferma troppo poco – secondo me – su Daniel ed Edo. Il loro incontro sessuale e sentimentale arriva alla fine e le conseguenze del loro atto corrono veloci negli ultimi minuti prima dell’applauso. Avrei preferito un racconto psicologico più complesso, sia all’interno della coppia che all’esterno, ma credo però che cambiare registro così all’ultimo sarebbe stato un errore, ecco il perché.

Non c’é nulla di profondo o di solido nel branco. Sono omofobi e razzisti perché gli è stato detto di esserlo dal capo carismatico. Il loro gruppo è composto da un re e da tanti piccoli pedoni che sanno solo muoversi in avanti fino a che non si accorgono che possono lasciare la scacchiera ed entrare in un mondo più grande e con più opportunità.

C’é talmente poca presa su di loro che Daniel ed Edo cambiano senza difficoltà e appena capiscono che fuori dal branco sono individui autonomi, non si guardano neanche indietro. Il branco colmava un vuoto riempiendolo di odio e complotti. Daniel ed Edo (e non solo) capiscono che possono riempirlo di amore e fratellanza vera.

Non c’é nessuna redenzione per chi resta nel branco, escono solo di scena ed essendo così piccoli si perdono immediatamente di vista. Il loro mondo è talmente piccolo che si sentono grandi ma fanno la figura di ladri di polli che pensano di essere dei grandi artisti dello scasso.

Il testo è nato nella compagnia ed è ambientato in un paese nelle campagne vicino a Milano. E’ così riconducibile alla nostra realtà, senza filtri generazionali o geografici, che diventa ancora più graffiante e crudo. Sicuramente fa riflettere e serve molto anche in una città moderna come Milano.

Il tutto è reso da un gruppo di attori bravissimi e affiatati. Speriamo venga ripreso anche nella prossima stagione perché merita assolutamente di essere visto.

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